Non ci sono altre parole
che un servo vorrebbe udire. Il vero servo trova la sua soddisfazione in
questo: soddisfare il suo signore. Il servo “utile” non è impegnato
negli affari del suo signore solo a livello lavorativo, ma si preoccupa
anche che questi prosperi!
Come si legge nel versetto citato, il signore si rivolge al servo
chiamandolo “buono e fedele”. Ciò implica una distinzione tra l'essere
semplicemente “buono” e l'essere “buono e fedele”.
Il servo buono può
essere colui che svolge il proprio lavoro in maniera professionale, con
un certo livello di impegno, ma che è del tutto distaccato dal servizio
prestato. Il suo servizio è prettamente professionale e non si protende
oltre i “limiti”.
Il servo fedele , invece, non offre soltanto un buon servizio, bensì se
stesso! Pertanto, prestare un “servizio umile” o un “servizio dignitoso”
non fa per lui alcuna differenza: "servire il proprio signore è anzi
considerato un onore"!
Il servo fedele non è motivato da un senso di
orgoglio, dal voler dimostrare e mettere in evidenza il proprio saper
fare. Non cerca vantaggi per se stesso, non cerca onori e
riconoscimenti, ma il suo unico obiettivo è la prosperità del suo
signore. Il suo servizio è animato dell’amore per il suo signore e non
dall’eventuale retribuzione.
La fedeltà è l’espressione sublime
dell’amore.
Molti servi oggigiorno sono “buoni”, vantano una bontà che è “evidente”
secondo il loro proprio avviso e che si manifesta nell'ottenere il
consenso dei conservi. Il loro servizio è preciso e specializzato e il
loro rendimento è del tutto eccezionale grazie all'impiego di mezzi e
idee “dell’ultima generazione”.
Tuttavia non dobbiamo dimenticare l’ammonimento del Sapiente: “Molti
uomini proclamano la propria bontà; ma chi può trovare un uomo fedele?”.
Il servo che entrerà nella gioia del Signore possiede due qualità
inscindibili e strettamente congiunte: bontà e fedeltà!
|