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di Paola Scasciamacchia.


Il Carnevale, nel calendario liturgico, è il periodo collocato tra l’Epifania e il mercoledì delle Ceneri, ultimo giorno che precede la Quaresima.

E’ il periodo di “tripudio e di feste” che dal punto di vista religioso rappresenta il momento della “riconciliazione con Dio”. Ma, come quasi tutte le feste religiose-popolari, oggi vengono rivissute e vi si partecipa perché ciò contribuisce a riscoprire le tradizioni e il folklore di ogni paese portando un po’ di allegria nel grigiore della quotidianità.

Sono davvero variegati e molteplici, però, gli elementi e la simbologia che sono confluiti nel corso dei secoli in questa festa, tanto che risulta difficile analizzarne tutti gli aspetti e i suoi significati in questa sede. Guardando in senso lato al Carnevale possiamo notare che gli elementi caratteristici dei festeggiamenti e le sue antiche tradizioni sono ancora gelosamente conservate soprattutto in alcuni luoghi fra i quali ricordiamo Viareggio, Ivrea, Putignano, Venezia, Nizza o Rio de Janeiro.

Nonostante si dia per scontato che si tratti di una celebrazione tipica del culto Cristiano, il Carnevale trae le proprie origini da eventi ancora precedenti. In particolare per l’Italia e gli altri paesi neolatini è senza dubbio la continuità storica degli antichi Saturnali. Questi erano festeggiamenti tipici della tradizione pagana dell’impero romano durante i quali era sovvertito l'ordine sociale: gli schiavi potevano ad esempio considerarsi temporaneamente degli uomini liberi o addirittura signori quasi per gioco, dando luogo ad un “rovesciamento dell’ordine gerarchico”.

Ma è interessante notare come, oltre ai Saturnali, sono confluiti nella nostra tradizione riti agrari di purificazione e propiziazione connessi con le feste che segnano l’inizio di un ciclo annuale e ispirati al bisogno di rinnovarsi periodicamente mediante l’espulsione del male (malattie e peccati) accumulatosi durante il ciclo che si conclude e la propiziazione della nuova fase che si apre.

Alla luce di questi fattori di antica radice storica si può individuare e si può chiarire la vera essenza di alcuni elementi che caratterizzano questo periodo di festa: personificazione, processo e condanna, testamento, funerali e morte, fuochi e danze, maschere.

1) Personificazione: E’ l’antica figura del re dei Saturnali eletto a rappresentare Saturno, il dio della semina, che rivive, in maniera burlesca, in questo periodo di feste nella figura del re del Carnevale. Può essere una persona in carne ed ossa ma anche un fantoccio o una maschera di animale. Fra queste la figura del re fantoccio è la più diffusa.

2) Processo e condanna: Nella tradizionale rappresentazione del Carnevale il re (uomo, fantoccio, o maschera di animale che sia) deve affrontare la parodia di un processo dove interagiscono un giudice, l’imputato e l’avvocato difensore. Questo processo burlesco si conclude sempre con la condanna.
 

3) Testamento: Dopo la condanna l’imputato fa testamento che è l’atto di denuncia pubblica della malvagità e delle cattive azioni accumulatesi durante l’anno che si è chiuso nel paese in cui si svolge la festa. Il testamento viene scritto in versi e spesso viene cantato.
 

4) Funerali e morte: Dopo il testamento seguono due scene nella rappresentazione carnevalesca, il trasporto funebre e l’uccisione. Il momento culminante è dato dall’uccisione del re del carnevale che può avvenire in diversi modi.
Fra questi il più diffuso è il bruciamento. Il fuoco del rogo in cui viene arso il fantoccio ha la funzione di purificare, distruggendo le influenze malefiche e dannose.
Il trasporto rappresenta la parodia di un vero e proprio funerale. Il carro è accompagnato da maschere che cantano in coro un pianto funebre burlesco.

5) Fuochi e danze: Ai falò, alle danze, ai canti e agli altri elementi di contorno di questa festa che assume diverse peculiarità, a seconda dei luoghi, viene attribuito un analogo significato propiziatorio. 6) Maschere: Sono la caratteristica più comune, essenziale ed indispensabile del rito carnevalesco. La loro simbologia spesso viene fatta risalire, in maniera un po’ forzata, all’antichità classica ma sono chiari i riferimenti al mondo degli inferi. Le maschere caratteristiche della nostra cultura, infatti, non nascondono il loro carattere diabolico e infernale (maschera nera sul vestito multicolore di Arlecchino, volto metà bianco e metà nero di Pulcinella, tunica e calzoni bicolore di Zanni ecc.).
 


 

Questi sono gli ingredienti di questo periodo di grande festa e baldanza che accomuna vecchi, adulti e bambini. Ritroviamo questi sei elementi mescolati in maniera diversa a seconda dei luoghi. All’origine dei riti e delle tradizioni popolari, però, non c’è solo questo. Come è stato già detto in precedenza il mascherarsi ha diversi significati (sociali, religiosi, psicologici). E’ noto come in tutte le feste e i riti connessi con la fine o l’inizio dell’anno appaiono maschere dai tratti grotteschi. Nelle loro sfilate assumono un comportamento irriverente, aggressivo e predatorio. In diversi piccoli paesi (soprattutto al sud) nei giorni di Carnevale compaiono comitive di mascherati che attraversano il paese spesso con campanacci.

Escono al calar del sole e il loro scopo è quello di fare rumore assordante e minacciare i passanti, soprattutto bambini. Allo stesso tempo, però, cantano, suonano, divertono, annunciano l’avvento del tempo festivo, purificano, augurano…

Gli abitanti dei paesi dove avvengono queste sfilate sanno che alcune maschere incarnano i loro antenati provenendo da un’altra “dimensione”. Autorevoli scrittori della letteratura scientifica collegano queste maschere anche ai riti della fertilità affermando che: “Le maschere di Carnevale sono esseri del mondo degli inferi, demoni e anime dei morti.” Notiamo quindi come esistono tratti molto più radicali ed antichi, iscritti nella storia individuale, familiare e sociale di un paese che spesso risultano difficili da interpretare. Abbiamo, quindi, diverse prospettive da cui guardare il carnevale anche se, per certi aspetti, collegate. Da un punto di vista sociale si è ripresa l’ usanza di sovvertire le gerarchie, così come avveniva nei Saturnali, attraverso la satira fatta a personaggi politici ed autorità che vengono riprodotti in caricature di cartapesta e fatti sfilare sui carri.

E’ il modo per criticare e per esprimere il dissenso del popolo verso le autorità. Ancora, dal punto di vista etico nel carnevale è esaltata la promiscuità: assistiamo a sfilate di uomini che si travestono da donne e viceversa e ciò ha un preciso significato morale. Ogni cosa in questi giorni di libertà è lecita, dai piaceri del cibo a quelli sensuali e trasgressivi prima di entrare nel periodo di sobrietà della Quaresima. Il denominatore comune è “ribellione” nonché capovolgimento autorizzato di un ordine stabilito. Dal punto di vista religioso è chiaro come il rito comune a quasi tutte le tradizioni paesane ha a che fare con la parodia di un processo in cui un re si carica della espiazione e della propiziazione per gli abitanti del paese. Lungi dall’aver reso esaustivo questo argomento, si possono trarre alcune brevi conclusioni paragonando ciò che abbiamo detto con il codice di vita per eccellenza: la Bibbia. Il capitolo 13 dei Romani (versi 1-7) indica il nostro comportamento nei confronti delle autorità che, ben lontano dalla ribellione, parodia e scherno, invita ad essere in un atteggiamento di sottomissione e di preghiera. In Deuteronomio 22:5 troviamo che Dio detesta il travestimento e la promiscuità nonché ogni forma di lascivia sensuale o materialistica (Romani 13:13,14; Galati 5:19-2).

L’Espiazione e la Propiziazione, inoltre, sono fattori attribuibili solo all’opera di Cristo. Risulta dissacratorio, alla luce delle Sacre Scritture, attribuirla in maniera burlesca ad un re fantoccio. Ebrei 2:17 infatti dice “Egli (Cristo) doveva perciò essere in ogni cosa reso simile ai fratelli, perché potesse essere un misericordioso e fedele sommo sacerdote nelle cose che riguardano Dio, per fare l’espiazione dei peccati del popolo”. Ed ancora in Romani 3:25; 1 Giovanni 2:2 e 4:10 afferma chiaramente come Egli (Cristo, il Figlio) è la propiziazione per i nostri peccati. Come si può assistere, dunque, come cristiani, ad una beffa pagana sull’ opera di Dio?